SAN BENEDETTO – Nella protezione e la salvaguardia degli ecosistemi marini, le Marche sono ancora all’anno zero: 0% di superficie marina efficacemente protetta. È quanto denuncia oggi Legambiente in occasione della tappa di Goletta Verde a San Benedetto del Tronto (AP), indicando quella che, secondo l’associazione, è la strada da seguire sulla costa marchigiana a partire dall’immediata istituzione delle aree protette, previste e non ancora rese operative.
“Occorre recuperare il grave ritardo e accelerare l’iter istitutivo delle aree marine protette della Costa del Conero (il cui iter istitutivo è fermo dal 2014) e quello della Costa del Piceno (fermo dal 2008). Tali aree marine protette sono richieste da comitati, operatori della pesca e turistici, cittadini, ricercatori e da molti amministratori locali; tuttavia, la Regione non esercita adeguatamente il suo ruolo di indirizzo e guida per la loro istituzione”.
Non solo, Legambiente, richiede a livello nazionale lo sblocco dell’iter istitutivo di tutte le altre aree marine protette, previste da leggi approvate dal parlamento fin dagli anni ’90 e non ancora avviate. Si tratta di rendere operative alcune decine di aree marine e costiere con celerità, nonché di procedere con l’avvio dell’istituzione di altre aree marine e costiere, proposta ex novo dall’associazione sulla base di studi e ricerche completate in questi anni. Si parla di oltre 40 nuove aree protette (parchi nazionali e regionali, aree marine protette e riserve), che garantirebbero la tutela della biodiversità marina e costiera del nostro paese, oltre a raggiungere gli obiettivi previsti della Strategia nazionale per la biodiversità.
Tali obiettivi rappresentano uno dei pilastri per raggiungere le finalità della Strategia dell’UE sulla biodiversità al 2030. Questa prevede anche la creazione di una rete coerente e ben gestita di zone protette, comprendenti almeno il 30% della superficie terrestre e marina nell’ambito dell’Unione europea, di cui almeno un terzo sottoposte a tutela rigorosa, e che è lo strumento più efficace per frenare la perdita di biodiversità le cui cause principali sono rappresentate: dallo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche (sovra pesca), dalla presenza di specie aliene invasive, dalle alterazioni fisiche dell’ambiente e inquinamento (dovute a dragaggi, costruzioni costiere, pesca a strascico, sostanze tossiche, eccesso di nutrienti, ma anche ai rifiuti e, tra questi, soprattutto alle plastiche).
Senza contare che negli ultimi anni i cambiamenti climatici e l’acidificazione degli oceani sono stati – e saranno sempre più – tra le principali cause di perdita di biodiversità. Tali questioni riguardano soprattutto il Mar Mediterraneo che, pur avendo una superficie pari a circa l’1% di quella di tutti gli Oceani, ospita oltre 12.000 specie marine, ovvero tra il 4 e il 12% della biodiversità marina mondiale. Per questo, il Mare Nostrum è considerato ufficialmente un “hot spot” mondiale della biodiversità marina.