FERMO – Chiama la sala operativa della Questura segnalando di essere stata vittima di rapina. La Volante arriva in pochi istanti, parla con la donna, acquisisce i primi elementi utili per la indagini, per ricostruire il reato e individuare l’autore.
La donna riferisce di essere uscita di casa alcune ore prima per pagare delle bollette. Con sè una busta con diverse centinaia di euro. Sta camminando per strada quando all’improvviso viene affiancata da una vettura, a bordo quattro persone, volti coperti da mascherine e cappuccio, spiega agli agenti, impossibile descriverli o ricordarsi di qualche dettaglio.
La donna parla di un oggetto scuro dall’interno del veicolo, puntato contro di lei, forse una pistola. Poi l’intimazione di consegnare subito il denaro che aveva in borsa. E lei, intimorita, estrae la busta con i soldi e la porge.
Dati del veicolo? Nessuno. Troppa paura per ricordarli, riferisce la donna.
Il fatto appare subito particolarmente grave, avvenuto in un’area pubblica e in pieno giorno, tale da mettere in agitazione l’intera comunità cittadina. Qualche ulteriore particolare, comunque ininfluente per le indagini, arriva dalla successiva denuncia formalizzata in Questura.
Gli investigatori si mettono al lavoro ma subito iniziano i dubbi: perché i rapinatori hanno individuato proprio quella donna come vittima del reato predatorio? Come facevano a sapere che aveva con sè molto denaro contante se non avevano assistito, poco prima, a un prelievo presso un bancomat o un ufficio postale? Perché la donna non ha chiesto immediatamente soccorso a qualche cittadino nelle vicinanze o allertato le Forze di polizia? Perché ha atteso due ore prima di segnalare il fatto alla sala operativa della Questura?
Salta inoltre subito all’occhio l’assenza di elementi di indagine forniti dalla vittima e da eventuali testimoni. In aiuto arrivano le immagini rese dagli impianti di videosorveglianza cittadina e privata presenti nella zona dei fatti dichiarati. Acquisiti i video, la Squadra Mobile analizza ogni frame, individuando il tragitto percorso dalla donna e soprattutto gli orari dei suoi movimenti, un vero e proprio un pedinamento digitale.
E qui si capisce subito che qualcosa non quadra. La donna nei video non compare. In aiuto arrivano anche le dichiarazioni del titolare di un esercizio pubblico che riferisce come la donna fosse nel suo locale proprio negli stessi minuti in cui aveva dichiarato di essere stata rapinata. Alla fine la verità viene a galla e la donna viene denunciata per simulazione di reato.