ANCONA – La velocità era eccessiva e, soprattutto, la “cima” era completamente usurata. Inizierà il 9 novembre 2021 al palazzo di Giustizia di Ancona, il processo per la tragica morte sul lavoro a soli 33 anni dell’agente marittimo Luca Rizzeri che vedrà come unico imputato del reato di omicidio colposo il comandante della nave battente bandiera portoghese “M/N BF Philipp”: Andriy Dolgushyn, 53 anni, nato in Russia, ma cittadino ucraino.

A conclusione delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero della Procura anconetana titolare del procedimento penale, dott. Rosario Lioniello, ha chiesto il rinvio a giudizio e il Gip del Tribunale, dott.ssa Paola Moscaroli, ha fissato appunto per il 9 novembre l’udienza preliminare.

La tragedia si è consumata il 10 giugno 2019: Rizzeri, dipendente della Adriano e Armando Montevecchi s.n.c., si trovava alla banchina n. 23 della nuova darsena del porto in attesa di iniziare le operazioni di scarico del naviglio che, proveniente dallo scalo di Trieste, stava attraccando, quando all’improvviso è stato colpito sulla parte destra del collo da una delle due estremità del primo cavo di ormeggio (spring di prora) dell’imbarcazione in questione che, in tensione, si è spezzato al momento dell’aggancio: una “frustata” terribile che non gli ha lasciato scampo, è deceduto sul colpo.

La Procura ha subito aperto un fascicolo iscrivendo inizialmente quattro persone nel registro degli indagati: oltre al comandante della “M/N BF Philipp”, anche il pilota della stessa e i due datori di lavoro dell’agente marittimo, ma nel corso degli accertamenti, condotti con l’ausilio della Capitaneria di Porto, la posizione degli ultimi tre è stata stralciata non avendo il magistrato riscontrato a loro carico responsabilità penali rilevanti nella produzione dell’incidente e tali da essere sostenute in giudizio, contrariamente a quelle rilevate invece in capo a Dolgushyn.

Decisiva, al riguardo, la consulenza tecnica disposta dal dott. Lioniello e affidata all’ingegnere meccanico e navale Pasquale Frascione, con particolare riferimento alle conclusioni sul cavo sintetico, posto immediatamente sotto sequestro, il cui esame, ha concluso il Ctu, ha evidenziato “gravi ammaloramenti su tutta la sua lunghezza, soprattutto nel punto di rottura”. E “le prove di trazione di tre campioni hanno dato come risultato carichi di rottura che confermano lo stato della cima e che sono notevolmente inferiori a quelli previsti per un cavo dello stesso tipo e delle stesse dimensioni. Il cavo si è rotto perché sollecitato da uno sforzo di trazione prodotto dal movimento della nave che non era in grado di sostenere”. A ciò si è infatti aggiunto il fatto che l’imbarcazione ha approcciato la banchina con moto decrescente “ma ancora con velocità superiore a zero nella fase finale di ormeggio e che il cavo è stato passato alla bitta mentre essa era ancora in movimento”.