ANCONA – Traffico illecito dei rifiuti, inerente il recupero degli oli vegetali esausti: scattano otto misure cautelari non custodiali emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona. Ad eseguirle, in queste ore, i militari del Nucleo operativo ecologico Carabinieri di Ancona in collaborazione con il Gruppo Tutela Ambiente di Roma e Napoli che hanno provveduto ad effettuare perquisizioni e sequestri nelle province i Ascoli Piceno, Napoli, Bari e Pescara.
La complessa attività investigativa è diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona e di Napoli, con il coordinamento dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
Secondo le prime informazioni, l’attività illecita ha portato a perpetrati furti aggravati di oli vegetali esausti, classificati come rifiuto liquido non pericoloso, di elevato valore commerciale per gli incentivi collegati alla produzione finale di biocarburante.
“Le indagini – fanno sapere dal Noe Carabinieri di Ancona – sono volte a contrastare un importante fenomeno criminale che, con l’aggravante di agevolare associazioni criminali camorristiche, era dedito al traffico illecito di oli esausti trattati illecitamente, di rilevante valore commerciale e con grave impatto ambientale”.
GLI AGGIORNAMENTI
L’investigazione è stata condotta per quasi due anni, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, durante i quali, dall’iniziale riscontro di numerosi furti aggravati di olio vegetale esausto, raccolto in appositi contenitori dislocati nelle vie urbane di vari comuni siti nel territorio marchigiano, è stato possibile individuare un’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, facente capo a una pluralità di soggetti, alcuni dei quali già gravati da precedenti penali per le medesime violazioni di natura ambientali e di gestione dell’attività illecita di rifiuti, nonché di criminalità organizzata, dotati di mezzi e stabilimenti.
L’attività criminale, riconducibile a ditte dislocate tra la regione Marche (per lo più fascia litoranea sud, Grottammare, e inizio della fascia abruzzese, Martinsicuro) e la regione Campania (Afragola, Casoria e Napoli), effettuava operazioni di raccolta illecita di olio vegetale esausto presso i contenitori di raccolta posti nelle vie urbane delle città, danneggiandoli, oppure presso sedi commerciali, senza le previste autorizzazioni. L’olio trafugato, successivamente, veniva illecitamente stoccato presso lo stabilimento sito a Grottammare e poi trasportato presso altre ditte fuori regione, in assenza della prevista documentazione (Formulari di Identificazione Rifiuti) determinando, così, una totale assenza di tracciabilità del rifiuto.
Dalla disamina delle visure camerali e dall’analisi della documentazione acquisita, è emerso che le ditte coinvolte site in Campania oltre ad operare nel medesimo settore commerciale, avevano un legame strutturato e solido, in quanto i rispettivi amministratori erano legati tra loro da legami di parentela, condividevano le stesse sedi e utilizzavano vicendevolmente mezzi e dipendenti.
Rilevante è il legame che è emerso con la criminalità organizzata, essendo i reati in contestazione aggravati dalla finalità di agevolare il sodalizio camorristico denominato clan Moccia, attraverso l’intestazione delle compagini sociali e anche mediante il ritorno di ingenti illeciti profitti, conseguiti dalle aziende coinvolte.
Gli inquirenti hanno portato avanti un’indagini accurata e dettagliata: l’’olio vegetale esausto è classificato come rifiuto speciale liquido non pericoloso e, pertanto, soggiace alla normativa di settore, la cui gestione di raccolta, trasporto e recupero deve esser curata da soggetti appositamente autorizzati; infatti, se smaltito in maniera non corretta, può rappresentare un pericolo per le matrici ambientali. Ma al contrario, se trattato correttamente, esso può acquisire un elevato valore commerciale, in particolare, per la produzione di biodiesel.
Pertanto, considerato il valore che assume il rifiuto una volta trattato, il sodalizio poneva in essere condotte volte a creare una concorrenza sleale con gli operatori del settore nell’area marchigiana, attraverso sabotaggi di contenitori, furti, danneggiamenti o raccolta di olio a clienti non contrattualizzati, senza trascurare altre condotte intimidatorie.
L’olio, infine, veniva trasportato negli stabilimenti in Campania. Siti privi di autorizzazioni, con strutture sottodimensionate per le operazioni che avrebbero dovuto realizzare e non atte al trattamento adeguato dell’olio, per la sua cessazione della qualifica di rifiuto, venendosi così ad alimentare una seconda filiera di traffico illecito di rifiuti.