C’è chi condanna il giorno di essere nata femmina, ma un momento dopo dice di non smettere di lottare per la libertà delle donne del proprio paese. Chi racconta che tra i palazzi di Mariupol sventrati, in onda tutti i giorni in tv, c'è anche la propria casa. Chi mostra, commuovendosi, il ponte che collega Ucraina e Romania con i peluches lasciati per ricordare ai bambini che hanno diritto di essere tali. Chi come giornalista fa sua la battaglia per affermare che "sposa bambina" e "bimbo soldato" sono e dovrebbero essere solo ossimori. Donne che raccontano, si abbracciano. Si riconoscono. In quel senso di colpa senza colpa di essere al sicuro, mentre il proprio popolo soffre, sotto le bombe, nella povertà e nel terrore che mina diritti e libertà. Ucraina, Romania, Afghanistan, Siria, Yemen: attiviste, giornaliste, mediatrici culturali sono state le protagoniste dell’incontro all’Informagiovani di Ancona “Donne, vivere la guerra. Praticare la pace” organizzato dalle associazioni “A mente Aperta” dell’Auser, “Amad”, Associazione Multitetnica Antirazzista Donne di Ancona e “Terza Via”.