"Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile.Aiutami a morire".
E'l 'appello di Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano in provincia di Pesaro Urbino, immobilizzato a letto da 18 anni a causa di una tetraparesi da rottura dell'arteria basilare. Un evento improvviso e devastante. E' il 2004: Fabio ha appena 27 anni, mancano pochi giorni al suo 28esimo compleanno. E' una tranquilla domenica sera, a casa insieme ai genitori, poi di colpo la tragedia. Un malore improvviso e subito è evidente che qualcosa non va: ambulanza, ospedale, ricovero, ma i medici possono ben poco.
Un ictus sconvolge per sempre la sua vita. Fabio non riesce più a muoversi, né a parlare, non può neppure muovere la lingua ed è costretto a nutrirsi tramite un tubo nello stomaco.
Vede la vita passargli davanti dal suo letto, senza mai potersi alzare o reagire, eppure il suo cervello è attivo, Fabio è mentalmente lucido e riesce a comunicare tramite un lettore oculare, semplicemente muovendo le palpebre. Sente il caldo, il freddo e soprattutto sente il dolore che ogni giorno, spiega, peggiora sempre di più.
Insieme alla sua famiglia ha provato a girare ogni clinica e sentire ogni medico ma la risposta è stata sempre la stessa: non c' è cura per lui. E così ha maturato la decisione di accedere alla morte volontaria.
Dopo la storica sentenza della corte costituzionale sul caso cappato DJ Fabo, nel 2019, Fabio ha chiesto aiuto all'associazione Coscioni, che lo aiutato a inoltrare la richiesta all'Asur Marche. Si è sottoposto a tutte le verifiche e le visite mediche richieste ma dallo scorso 15 marzo, quando la relazione medica è stata inviata al Comitato Etico, non ha saputo più nulla. Come nei casi di “Mario” e “Antonio”, anche loro marchigiani, anche stavolta dalle istituzioni nessuna risposta. Solo silenzio, come quel silenzio che chiede oggi Fabio, lontano dal dolore e dalla sofferenza.
Servizio di Laura Meda